Jean-Jacques Gandini, nato il 23 gennaio 1948 a Grasse (Alpes-Maritimes), è un avvocato, dottore in scienze politiche, giornalista ed attivista anarchico, membro della Lega Francese per la Difesa dei Diritti Umani e dei Cittadini, ben conosciuto per i suoi studi giuridici, di teoria politica, di storia del movimento operaio. Molto noto anche professionalmente, è stato anche Presidente dell’Unione degli Avvocati di Francia (SAF) ed è attualmente, ancor più che nel passato, uno dei punti di riferimento maggiori per la difesa degli individui contro il potere poliziesco e giudiziario. Nel numero corrente (1784) di gennaio 2017 Le Monde Libertarie ospita questo suo breve intervento sugli aspetti giuridici dello “Stato di Emergenza” in Francia – già oggetto in passato di vari articoli su Umanità Nova –che qui riportiamo nella traduzione a cura di Enrico Voccia.
“Tempi grigi allo scopo di evitare che diventino neri; tempi che si possono riesaminare dicendo: ‘sono ancora possibili e non si è ancora visto nulla; non si è fatto nulla’.” Marc Bloch
In seguito agli attentati del 13 novembre 2015, una legge eccezionale “relativa allo Stato di Emergenza” è stata votata il 20 novembre dal Parlamento quasi all’unanimità, con la proroga dello Stato d’Emergenza per tre mesi (dal 26 novembre 2015 al 26 febbraio 2016), prorogata nuovamente per altri tre mesi (fino al 26 maggio) e poi nuovamente per altri due mesi, sempre basandosi sulla legge del 3 aprile 1955 che era stata approvata nel pieno della guerra d’Algeria.
Avendo mancato il Presidente della Repubblica l’obiettivo di inserirla nella Costituzione, il governo allora ha fatto nuovamente votare una legge “normale” il 3 giugno 2016 (la cosiddetta “Legge Urvoas”), “rinforzando la lotta contro la criminalità organizzata, il terrorismo e le loro fonti di finanziamento, migliorando l’efficacia dell’azione penale”. Obiettivo dichiarato dunque quello di aumentare l’efficacia della lotta contro la criminalità organizzata ed in particolare contro il terrorismo: si tratta in realtà di una legge omnibus che non fa altro che aggiungere eccezioni alle eccezioni. Tra le sue disposizioni principali:
Saranno possibili le perquisizioni notturne nelle abitazioni d’ogni genere finché lo Stato di Emergenza sarà in vigore.
Gli ufficiali di polizia giudiziaria specificamente incaricati della lotta contro il terrorismo potranno, su semplice autorizzazione del procuratore della Repubblica, valida per 48 ore, dunque senza alcun controllo del giudice ordinario, ricorrere alla sorveglianza, all’infiltrazione, alle intercettazioni telefoniche e della corrispondenza elettronica, alla registrazione audiovideo, all’intrusione informatica, all’utilizzo dei dispositivi IMSI-Catchers (si tratta di finte antenne che permettono di intercettare le conversazioni telefoniche – IMSI è un numero identificativo unico contenuto nelle carte SIM: esse imitano il funzionamento d’una antenna centralizzata per la telefonia mobile in modo che gli apparecchi situati nelle vicinanze vi si connettano. Quest’apparato riceve perciò le comunicazioni e può accedere al loro contenuto, reindirizzandole poi all’antenna dell’operatore telefonico e la conversazione ha luogo senza che l’intercettato possa accorgersi di nulla).
Rafforzamento dei poteri di polizia per i controlli di identità: in caso di controllo di identità da parte della polizia giudiziaria, l’ispezione visiva e la perquisizione dei bagagliai delle vetture vengono effettuati su richiesta scritta del Procuratore della Repubblica ed occorre il consenso esplicito della persona; in caso di controllo da parte della polizia amministrativa, dietro autorizzazione del Prefetto – rappresentante diretto del governo – scritta e motivata; ma quando l’ispezione ha luogo “in prossimità di stabilimenti, di installazioni ed opere sensibili” l’autorizzazione può avvenire entro le 12 ore e con informazione immediata al Procuratore, ma essa si svolge indipendentemente dal consenso della persona. Si tratta dunque di un nuovo regime di perquisizione amministrativa che, dal momento che la nozione di installazione od opera “sensibile” è decisamente vaga, appare ancora più inquietante.
Fermo delle persone in occasione di un controllo o di una verifica dell’identità: un individuo del quale si ha “ragioni valide per pensare che il suo comportamento è legato ad attività terroristiche, o è in relazione diretta e non casuale con una persona che manifesta un tale comportamento”, può essere trattenuta “il tempo necessario per l’esame della situazione” fino a 4 ore. Tenuto conto del carattere impreciso delle motivazioni avanzate e della mancanza di assistenza da parte di un avvocato, si danno ancora una volta alle autorità amministrative dei poteri tipici dell’autorità giudiziaria, che resta l’unica depositaria della libertà individuale, venendo escluse le garanzie relative al diritto di difesa.
In merito all’autorità giudiziaria: si ricorre sempre meno al giudice istruttore, allargando sempre più il campo delle azioni possibili nella fase dell’inchiesta preliminare, rafforzando la supremazia del Procuratore Federale alle dipendenze dirette del Ministro della Giustizia, che gestisce unilateralmente il processo, mettendo la difesa, che non può intervenire se non nella fase terminale dello stesso, davanti al fatto compiuto – mentre l’istruttoria preliminare permetteva il dibattito e le obiezioni procedurali e l’avvocato difensore poteva richiedere il compimento degli atti che riteneva necessari per la difesa del suo cliente. Certo, è previsto che il Procuratore agisca sotto il controllo di un Giudice Ordinario, cioè il Giudice della Libertà e della Detenzione, ma in pratica tale giudice è solo un paravento in quanto viene condotto ad autorizzare degli atti senza conoscere i dettagli della procedura, non avendo il tempo materiale di leggere integralmente i faldoni che gli vengono sottoposti.
Il fatto di riprodurre, trasmettere o comunicare atti o messaggi ritenuti apologetici del terrorismo diventa un nuovo genere di reato.
Il fatto di consultare abitualmente siti di propaganda terroristica costituisce un’incriminazione ulteriore ed autonoma: questo comportamento è dunque allo stesso tempo sia un reato sia elemento di prova per il reato di appartenenza ad un gruppo terroristico. Si pensi a quanti giornalisti o ricercatori indagano o lavorano in questo modo… In materia di Diritto Penale, l’ergastolo effettivo diviene applicabile ai crimini di terrorismo, con un periodo ineliminabile di trent’anni.
La cosa più grave è l’estensione del quadro legale dell’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine. I poliziotti municipali possono essere autorizzati dal Prefetto a girare armati su semplice richiesta del Sindaco: è così aperta la strada per un loro armamento generalizzato. Le forze di polizia giudiziaria ed amministrativa, in assenza delle condizioni che giustificano l’invocazione dello Stato di Emergenza o delle condizioni di legittima difesa, possono fare uso delle loro armi allorché ciò “è assolutamente necessario per mettere nelle condizioni di non nuocere una persona sul punto di commettere uno o più omicidi volontari e quando esiste ragione di pensare che egli stia per reiterare questi crimini in un lasso di tempo molto prossimo ai primi.” Ora, la condizione di “necessità” come il concetto di “ragione di pensare”, specie quest’ultimo, sono soggetti ad interpretazioni soggettive: il rischio che tutto ciò divenga una licenza di uccidere in qualunque caso è evidente.
Nel suo discorso televisivo del 14 luglio scorso, il Presidente della Repubblica aveva annunciato che non avrebbe prorogato nuovamente lo Stato di Emergenza dopo il 26 luglio. La sera stessa, avviene il terribile attentato di Nizza, il cui bilancio è di 86 morti e quattrocento feriti – di cui, occorre sottolinearlo, un terzo ricollegabili all’Islam. Doccia fredda e nuova legge del 21 luglio che va a costituire la quarta proroga dello Stato di Emergenza fino al 21 gennaio 2017.
Oramai, la messa sotto controllo preventivo delle comunicazioni, cioè la raccolta in tempo reale da parte dei servizi di informazione di tutti i dati relativi ai contatti legati ad una persona sull’insieme dei suoi mezzi di comunicazione, è estesa all’intera rete di relazione della persona sorvegliata. La legge si limita ad esigere “ragioni serie di pensare che spiare queste persone nella rete dei contatti familiari, amicali, professionali, anche occasionali, possa avere un interesse.”
Vi sono attualmente quattordicimila persone sospettate di legami con l’Islam radicale, segnalate nel File dei Segnalati per la Prevenzione la Radicalizzazione a carattere Terroristico – FS-PRT – mantenuto dallo Stato Maggiore Operativo di Prevenzione del Terrorismo – EMOPT – una lista che, come riconosciuto dallo stesso Ministro dell’Interno, è il frutto per almeno il 20% – cioè 2800 persone! – di denunce senza fondamento.
In tal modo, l’aggiunta delle loro relazioni – foss’anche solo una media approssimativa di dieci persone – al numero delle persone controllate, fa entrare la Francia nell’era della sorveglianza preventiva di massa. È la rottura ufficiale dell’equilibrio tra libertà e sicurezza a totale vantaggio di quest’ultima, che era già stata legalmente definita nei termini dell’articolo L 111-1 del Codice della Sicurezza Interna “libertà fondamentale”.
Tutto ciò ha condotto il Difensore dei Diritti,[1] Jacques Toubon, ad emanare il 22 luglio scorso il seguente comunicato: “Rompendo l’equilibrio tra le esigenze della sicurezza e le garanzie di libertà, il diritto francese giunge così ad indebolire strutturalmente lo Stato di Diritto che è stata la forza della nostra Repubblica.”
Sicurezza è certamente il diritto di vivere in pace, ma allo stesso tempo è la sicurezza di un impiego stabile, di un alloggio, delle cure sanitarie. Ma anche a voler considerare la sicurezza come il diritto fondamentale, questo andrebbe sempre considerato nei termini dell’articolo 2 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino che protegge gli individui contro gli arresti e gli imprigionamenti arbitrari.
Poco dopo aver rinnovato lo Stato di Emergenza, il 19 luglio il Consiglio di Stato ha tracciato un bilancio dei suoi contenziosi in materia di Stato di Emergenza. A questa data, i giudici di riferimento amministrativo hanno emesso 216 ordinanze di prima istanza, relativa ad obblighi di residenza, perquisizioni, chiusure di luoghi di riunione e/o di culto: di queste 157 sono state ordinanze di rigetto, ma 33 sono state di sospensione e 26 persino di abrogazione, in fase pregiudiziaria,[2] insomma il 37% – in più di un terzo dei casi cioè le decisioni hanno dato ragione ai ricorrenti. In appello, poi, il Consiglio di Stato[3] ha emesso 44 ordinanze (di cui 42 erano su obblighi di residenza), rigettandone 24 ma sospendendone 7 ed abrogandone 13, portando il totale dei ricorsi vinti al 46% – in pratica quasi la metà delle ordinanze sono state a favore dei ricorrenti.
Centoventi giudizi di merito sono stati già emessi dai Tribunali Amministrativi – di cui 88 relativi ad obblighi di residenza – sulle duecentotrentasei richieste avanzate: ci sono stati 79 rigetti, ma anche 41 annullamenti totali o parziali, insomma il 34%: ancora una volta un terzo delle sentenze ha dato ragione ai ricorrenti. Non bisogna dunque esitare a contestare tali azioni giudiziarie!
Il Consiglio di Stato ha allora profittato di ciò per precisare il regime delle perquisizioni amministrative: anche se esse sono possibili “se si hanno ragioni valide per ritenere che un luogo sia frequentato da una persona minacciante la sicurezza pubblica”, tali ragioni vanno esplicitate nell’ordine di perquisizione.[4]
Nel momento in cui 400 obblighi di residenza sono state emanati tra il 14 novembre 2015 ed il 26 febbraio 2016, al 1° luglio 2016 ne restavano in vigore 79 – ossia uno su cinque. Per quanto riguarda poi le 3600 perquisizioni, ordinate per la maggior parte durante il primo mese di applicazione dello Stato di Emergenza, solo cinque hanno condotto all’apertura di un’inchiesta per fatti legati al terrorismo – cioè lo 0,15! – e, dopo il primo momento, nessuna ha portato fino al 21 luglio alcun risultato in termini di rinvio ad un Tribunale.
Con la legge del 21 luglio di contro, gli obblighi di residenza sono ad oggi aumentati quasi del 50% e, allo stesso tempo, sono state ordinate altre 330 perquisizioni. Il bilancio, però, è magro: una ventina d’armi, meno di dieci chili di cannabis, un centinaio di grammi di cocaina, settantamila euro in contanti – ma nulla di tutto ciò aveva a che fare con attività terroristiche.
Chiaramente, però, l’obiettivo è anche il movimento sociale: l’articolo 8 di questa nuova legge prevede che “i cortei, le sfilate e gli assembramenti di persone sulla via pubblica possono essere proibiti, qualora l’autorità amministrativa giudica di non essere in grado di assicurarne la sicurezza, tenuto conto dei mezzi di cui dispone.” Concetto che più aperto alle interpretazioni soggettive non potrebbe essere! “Le infrazioni a questa norma sono punite con sei mesi di prigione e 7500 euro di multa applicate sia ai partecipanti sia agli organizzatori.” è tornata la responsabilità collettiva! Già nei primi tempi dell’iniziale dichiarazione dello Stato di Emergenza, alcuni militanti ecologisti erano stati presi di mira durante la conferenza sul clima, la COP 21: a Parigi erano state vietate le manifestazioni nei giorni 28, 29 e 30 novembre – il 30 era il giorno dell’arrivo dei capi di Stato. Erano stati ugualmente applicati degli obblighi di residenza, come ad esempio contro quella coppia di agricoltori biologici della Dordogne. Diamine! Essi avevano, tre anni prima, partecipato ad una manifestazione contro il progetto di costruzione dell’aeroporto di Notre-Dame-Des-Landes ed erano membri del sindacato CNT, di tendenza anarcosindacalista!
È andata negli stessi termini con la “Loi Travail”: 130 ordinanze di divieto di manifestazione rivolte verso i militanti sulla base di “sospetti” o di “veline” dei servizi di informazione [di possibili attentati, NdT], mentre il campionato europeo di calcio ed il giro ciclistico di Francia sono stati mantenuti…
L’obiettivo è mettere fuori gioco ogni contestazione, cosa che è stata assunta in pieno dal Prefetto di Rennes indicando, in Le Monde del 21 luglio, come bersagli non più gli “scassavetrine” ma le “persone che animano il dibattito”: si è in pieno delitto d’opinione!
In occasione, poi, della mobilitazione contro la “Loi Travail” del 15 settembre, cinque persone sono state raggiunte da ordinanze restrittive che gli proibivano di manifestare: la criminalizzazione dei movimenti sociali non è solo uno slogan.
A questo punto, l’11 settembre – data simbolica – il ritornante[5] Sarkozy è tornato di nuovo alla carica: “È inscritto nella Costituzione un principio di precauzione. Perché la lotta contro il terrorismo, dunque la sicurezza dei francesi, sarebbe l’unico soggetto al quale non si applicherebbe? Di conseguenza ogni francese sospettato di essere legato al terrorismo dovrebbe essere oggetto di un fermo preventivo in un centro di detenzione coatta.” Il docente di Diritto Mireille Delmas-Marty gli ha risposto in maniera secca: “Ciò corrisponde a trasporre un principio applicato ai prodotti pericolosi da questi alle persone, dunque a trattare gli individui come cose. Il principio di precauzione permette di ritirare dei prodotti dal mercato. Dovremo ritirare alcuni individui dall’umanità?”
In breve, la giustizia ha incorporato una dimensione tra le più incerte, quello della “prelazione”.[6] La “prevenzione” intende agire su delle cause, la “prelazione” – vera utopia moderna – mira ad un’interpretazione del comportamento, a sopprimere l’evento, così che l’analista Antoine Garapon, segretario generale dell’Istituto di Alti Studi Giuridici ha detto: “Si è di solito sospettati di un fatto che è stato commesso, ma quando è sospettata una persona di idee radicali, questa lo è non di aver commesso un atto terroristico, ma di poterlo commettere. Non ci si basa su di un passato recente, si pretende di prevedere il futuro prossimo.” George Orwell, oramai, è platealmente sorpassato…
Jean-Jacques Gandini
NOTE
[1] Si tratta di un’istituzione statale indipendente francese creata nel 2011 (ma presente nella Costituzione del 2008), diretta da Jacques Toubon ed alle cui dipendenze lavorano oltre 250 persone, il cui scopo dovrebbe essere quello di difendere coloro i cui diritti non sono rispettati ed ottenere la perfetta parità nell’accesso ai diritti tramite un patrocinio gratuito. Ovviamente lo Stato di Emergenza limita moltissimo l’azione di quest’organo di garanzia.[NdT]
[2] Davanti al Giudice delle Indagini Preliminari, per usare la terminologia italiana.[NdT]
[3] In Francia il Consiglio di Stato è il livello supremo della giurisdizione amministrativa, che giudica i ricorsi contro le autorità pubbliche.[NdT]
[4] Il che limita in parte l’arbitrio denunciato all’inizio dell’articolo in merito alle procedure legate allo Stato di Emergenza.[NdT]
[5] Les Revenants è una serie televisiva francese durata due stagioni – tra l’altro assai bella ed originale – incentrata sulle vicende di un piccolo paese a ridosso di una diga che, all’improvviso, vede “ritornare” in vita, giorno dopo giorno, molti dei suoi morti le cui vicende, ad un certo punto, si confondono con quelle della popolazione dei viventi “normali”. Di qui il gioco di parole dell’autore sull’appellativo dato a Sarkozy.[NdT]
[6] Qui nel senso giuridico del poter “anticipare” un atto – si pensi al “diritto di prelazione”.[NdT]